L’eremo di Poggio Conte (anche detto di San Colombano) si trovava in prossimità della dogana tra i territori pontifici e la Toscana. Le prime tracce scritte del sito si riscontrano in una antica carta del 1027 ma, con molta probabilità, è nel corso dei secoli XII-XIII che il romitorio fu abbellito architettonicamente e pittoricamente. In contrasto aperto con l’opulenza della Chiesa romana, a partire dell’anno Mille si fece strada l’esigenza di abbracciare una vita spirituale pura ed ascetica, lontana dai fasti e dagli intrighi della Curia.
Per arrivare all’eremo di Poggio Conte si deve percorrere un sentiero che costeggia il fiume Fiora e, dopo avere superato dei rigagnoli ed un cancello, ci si inoltra nel bosco attraverso dei gradini in legno, che conducono ad una gola. Sul fondo appare una parete tufacea a strapiombo ed una cascata, che rende il posto irreale. Sulla sinistra si trovano la chiesa e la dimora dell’eremo, probabilmente abitata da un solo monaco.
L’interno dell’edificio sacro, a cui si accede da un portale sovrastato da un foro, è costituito da pareti affrescate con motivi floreali e geometrici. Decorazioni insolite per una chiesa cristiana.
E’ proprio per questo motivo che gli studiosi ritengono che il sito dell’eremo di Poggio Conte, almeno all’inizio della sua storia, nel XII secolo, sia appartenuto all’Ordine dei Templari e che, successivamente, con la loro soppressione nel 1312, sia stato modificato attraverso una ristrutturazione della volta. A suffragare questa ipotesi suggestiva, oltre alle numerose decorazioni naturalistiche, vi sarebbe la collocazione dell’eremo. Poco distante da qui infatti si trovava la Via Clodia, antica strada romana che terminava a Saturnia che, come tutte le vie di comunicazione, dovette essere controllata e protetta dall’Ordine.
Nelle dodici nicchie erano presenti affreschi degli apostoli ritratti in vari atteggiamenti. Nel 1964 ne furono trafugati sei, i restanti si trovano esposti al Museo Civico di Ischia di Castro (Vt).
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